Edited by Alessandra Ravelli, Head of Strategy, FLU
Nessuno di noi ama riconoscere che qualcosa o qualcuno esercita un’influenza su di sé, la propria vita, i propri pensieri.
Eppure, questa questione dell’“influenza” è vecchia come il mondo e nascondere la testa sotto la sabbia come gli struzzi, non serve a nulla. Se, o quando, qualcosa o qualcuno ci influenza è importante riconoscerlo e, da lì, valutare il da farsi.
Sono alcuni anni che nel mio lavoro mi occupo del concetto di influenza e tante volte mi sono fermata a pensare cosa significasse. Nella nostra economia, per i brand che si affidano a noi, ma anche nella società o per i ragazzi e le ragazze più giovani.
Ho capito alcune cose:

- L’influenza non è una forza unidirezionale. Se c’è qualcuno che influenza, c’è qualcun altro che viene influenzato e che, con più o meno consapevolezza, ha accettato di esserlo. Non basta alzarsi un mattino e dire “sono un influencer” per esserlo davvero. Bisogna essere qualcuno, fare qualcosa o comunicare qualcos’altro. E trovare una corrispondenza in qualcuno che apprezza ciò che sei o ciò che racconti.
- Esiste un influencer per ogni cosa. Dalla mountain bike alla cugina vegetale, dai libri alla trap, dall’economia alla numismatica. Viviamo inevitabilmente in una bolla di persone che hanno interessi e sistemi di valori simili ai nostri, ma il mondo è pieno di nicchie e spesso cerchiamo nel web qualcuno che corrisponda alle nostre passioni, una community che si possa trasformare in comunità.
- Ci sono forme diverse di influenza. Come essere umani cresciamo e ci formiamo rispecchiando l’esempio dell’altro. I nostri genitori, in primis, ma anche i nostri pari, gli insegnanti e le celebrity che trasformiamo in modelli. Quello che avviene sui social è esattamente speculare a ciò che succede nella realtà: talvolta cerchiamo la conferma di persone che ci assomigliano, a volte ci facciamo ispirare da personaggi che esercitano fascino proprio perché sono distanti da noi, irraggiungibili, altre volte cerchiamo risposte alle nostre domande da chi ci sembra ne sappia più di noi.
Potrei andare ancora avanti con molte altre riflessioni e forse è proprio questo il bello di occuparmi di quel grande e variopinto mondo che è l’Influence Economy. Non solo un segmento economico di cui studiare le logiche, ma un vero e proprio fenomeno sociologico e antropologico che ha a che fare con la quotidianità delle persone.
Ed è proprio nel fluire di queste riflessioni che abbiamo realizzato un progetto sfidante, totalmente fluido e fertile di spunti: Top100 Voices.
Di che cosa si tratta?

Ci siamo chiesti: se dovessimo scattare oggi una fotografia di quali sono i profili e le realtà potenzialmente più in grado di influenzare gli italiani sui social, chi sarebbero?
Per sceglierli dovevamo individuare un criterio e, dunque, ci siamo fatti aiutare dai colleghi della School of Management del Politecnico di Milano, con cui ormai collaboriamo da anni e che portano sempre un contributo teorizzante e metodologico indispensabile. Con loro abbiamo pensato che il criterio del numero di follower fosse ancora attuale e, anzi, particolarmente utile.
Sappiamo, infatti, che oggi la logica del content graph ci porta a vedere sui social contenuti che non abbiamo scelto di guardare. Ecco, allora, che per elaborare questo panel abbiamo pensato di valorizzare la scelta più attiva che si possa fare sui social, ovvero quella di mettere un like o uno subscribe. Una piccola azione che però denota una qualche forma di interesse da parte dell’utente per un profilo, fosse anche per una “voce contraria” alla sua, che si sceglie comunque di monitorare.
Ma non solo: la nostra volontà non era quella di realizzare una classifica o di premiare un qualche merito, ma quella di osservare. Per questo avevamo la volontà di costruire un paniere di voci da monitorare nel tempo. In primis per capire chi fossero e quanto mutassero mese dopo mese o anno dopo anno, in secondo luogo per studiare che cosa pubblicassero, come parlassero e quanto i loro contenuti rispecchiassero alcuni dei macro temi oggi più valorizzati sulle piattaforme da sempre ritenute più influenti, come la tv o i giornali.
Ecco allora nascere le Top100 Voices, un elenco che comprende in realtà 300 profili, 100 per ciascuno dei social oggi più seguiti dagli italiani: Instagram, TikTok e YouTube.
Gli aspetti più interessanti del progetto?
- Prima ancora di renderlo pubblico, ci ha fatto discutere internamente per mesi. E questo è un segnale di quanto il tema sia centrale e capace di far scaturire punti di vista diversi
- L’Italia che raccontano le Top100 Voices non è un’Italia che mi rispecchia completamente. E questo mi fa uscire dalla mia bolla e ancora una volta confermare il fatto che, volente o nolente, il mondo in cui siamo è molto più ampio e complesso di ciò con cui entriamo in contatto quotidianamente nel nostro piccolo
- Quello che è vero oggi non è detto che sia vero domani. Perché cambiano le generazioni, i valori, le priorità, i codici di linguaggio e le persone. Ed è così che il concetto di influenza muta, si evolve, senza perdere il suo intrinseco valore.